Per fare i nostri più cari auguri di buon Natale e serene festività a tutti coloro che ci hanno seguito in questo anno di iniziative arcadiche, abbiamo scelto un sonetto di Tegeso Acroniano, nel quale la nascita di Cristo è fatta coincidere con un momento di pace universale. Il poeta si augura che il Natale segni un ritorno alla «Pace» e che un raggio «di quella immensa luce» torni a vedersi fra gli uomini, sia pur velata da nubi «fra l’oscuro del tempo e dell’inganno». Al termine di un anno di conflitti, il cui orrore sembra inarginabile, riprendiamo l’augurio del nostro antico pastore, continuando ad opporre alle mostruosità della guerra parole di pace, che nascano da idee e possano tradursi in gesti, e trovando in questo la vittoria a cui fa cenno il nostro poeta, perché solo la pace può vincere e perché dove ci sono intelligenza e amore del bello, lì si aprono all’umanità le vie della pace.
Quando tra noi l’eterno Figlio nacque
del suo lume divino intorno cinto,
fu il superbo nemico in ceppi avvinto
e la man non conobbe, a cui soggiacque.
Né ’l Cielo allora, né la Terra tacque:
“Pace – quel disse – ogni odio antico è estinto”,
“Pace” questa rispose, e ’l suon distinto
del lieto applauso al Dio nascente piacque.
Quindi speriamo, or che il girar dell’anno
il giorno pio del gran Natale adduce,
che i nostri dì Pace e Vittoria avranno,
se un raggio ancor di quella immensa luce,
fra l’oscuro del tempo e dell’inganno,
quasi per nube opposta a noi traluce.
Il friulano Giuseppe Bini (1689-1773), che nella sua lunga vita si guadagnò una robusta, sebbene umbratile, fama di erudito, in gioventù fu un poeta. Nei due anni in cui visse a Roma, tra l’inizio del 1714 e il marzo del 1716, partecipò attivamente alla vita dell’Arcadia, in cui era stato annoverato nel 1713 come membro della Colonia Giulia, prendendo il nome di Tegeso Acroniano. A Roma sostenne il collegato; tornato in Friuli diventò Vice Custode della Colonia Giulia. Il sonetto fu recitato per il Natale del 1715 a Palazzo della Cancelleria e fu poi pubblicato nel tomo VI delle Rime degli Arcadi (Roma, A. de’ Rossi, 1717, p. 324).
Il Natale era la «festa tutelare» dell’Arcadia, che aveva scelto di avere come protettore il solo Gesù Bambino, pura icona di pace e di fratellanza tra gli uomini, di qualunque estrazione e latitudine essi fossero.