Una sede stabile per il Bosco Parrasio
9 settembre 1726
Un «pezzetto di idilliaca Arcadia ancor dentro le mura Aureliane»
Fin dalla fondazione, gli Arcadi erano soliti riunirsi nel cosiddetto Bosco Parrasio, da loro eletto «luogo di Ragunanza immutabile» e «commune dominio d’Arcadia» (Atti Arcadici 1, p. 2). Per ben 35 anni esso non ebbe una dimora fissa, spostandosi in vari luoghi di Roma, a seconda dell’ospitalità offerta da alcuni mecenati. Tra l’altro, dopo essere stato collocato nei giardini del convento di San Pietro in Montorio, trovò sede nella villa del duca di Paganica in San Pietro in Vincoli, nella villa dei principi Mattei Orsini all’Esquilino e nel Palazzo Riario alla Lungara; dal 1693 fu poi accolto dal duca Ranuccio II Farnese negli Orti Farnesiani, e dal 1699 si trasferì nel Palazzo Salviati, grazie all’intervento del duca Antonio Maria; e la peregrinazione continuò anche negli anni seguenti, quando fu collocato, via via, nella villa Giustiniani fuori Porta del Popolo, nei giardini del monte Esquilino messi a disposizione dal principe Francesco Maria Ruspoli, e nella villa del cardinal Ginnasi (Acquaro Graziosi, L’Arcadia, p. 19).
La conquista di una dimora fissa avvenne nel 1725, quando il re Giovanni V del Portogallo donò «scudi quattromila da impiegarsi nella compra d’un luogo permanente per la Sede de gli Arcadi» (Mancurti, Vita di Gio. Mario Crescimbeni, p. 85). Acquistato un terreno alle pendici del Gianicolo, la costruzione del nuovo Bosco Parrasio fu affidata all’architetto Antonio Canevari, Elbasco Agroterico in Arcadia, coadiuvato dall’allievo Nicola Salvi, Lindreno Issuntino in Arcadia. Questi realizzarono una scalinata su tre livelli, simile a quella di Trinità dei Monti, che immetteva a un piccolo anfiteatro e immediatamente dopo a una graziosa palazzina in stile neoclassico dalla facciata concava.
Da luogo itinerante, il Bosco Parrasio divenne così dimora stabile, consentendo agli Arcadi di organizzare con maggior agio le loro Ragunanze. Daniela Predieri lo descrive come «un giardino austero ed essenziale», «perfettamente coerente con la matrice ideologica dell’Accademia che lo esprime»: gli alberi sono utilizzati come materiale architettonico; la boscaglia, la grotta, la fonte e il ninfeo situati al suo interno, sono luoghi cardine, paesaggi poetici ricostruiti in natura, indispensabili alla concretizzazione del sogno arcadico, che ne fanno «ambiente per le ninfe, le muse, i pastori, un pezzetto di idilliaca Arcadia ancor dentro le mura Aureliane» (Bosco Parrasio, p. 19).
La posa della prima pietra avvenne il 9 ottobre 1725, e la sua inaugurazione ufficiale si ebbe con i Giuochi Olimpici d’Arcadia «celebrati coll’intervento di più Cardinali, dell’Ambasciatore della stessa Real Maestà, di molta Prelatura e Nobiltà, con grande applauso, ed irruzione di Popolo, il dì lieto 9 settembre 1726» (Crescimbeni, L’istoria della volgar poesia, vol. IV, p. 272).
Nel corso dei secoli il Bosco Parrasio è stato oggetto di alcuni restauri. I più importanti furono quelli realizzati per riparare i danni causati dagli scontri armati che si svolsero sul Gianicolo nei giorni della Repubblica Giacobina e della Repubblica Romana. Ulteriori opere di manutenzione furono svolte nel 1872 (Acquaro Graziosi, L’Arcadia, p. 20).
Bibliografia: Roma, Biblioteca Angelica, Archivio dell’Arcadia, Atti Arcadici 1; Francesco Maria Mancurti, Vita di Gio. Mario Crescimbeni, Roma, Antonio de’ Rossi, 1729; Giovan Mario Crescimbeni, L’istoria della volgar poesia, vol. IV, Venezia, Lorenzo Basegio, 1729; Daniela Predieri, Bosco Parrasio. Un giardino per l’Arcadia, Modena, Mucchi, 1990; Maria Teresa Acquaro Graziosi, L’Arcadia. Trecento anni di storia, Roma, Fratelli Palombi, 1991.
Autore: Maila Vaccaro
Revisore: Pietro Petteruti Pellegrino